La guerra continua

di Carlo Focarelli

1. In un editoriale in questa rivista del 26 luglio 2021, intitolato Intelligenza artificiale e intelligenza naturale, dopo aver ricordato una frase sul controllo del mondo di Vladimir Putin, concludevo chiedendomi se fosse possibile «contenere, usando la vecchia intelligenza “naturale”, quel gregarismo di potenza che passo passo […] può farci riprecipitare nell’abisso della guerra»[1]. Il 24 febbraio 2022, circa sei mesi dopo, la «guerra» è scoppiata davvero, con prospettive non tanto di «terza» guerra mondiale ma di «prima e ultima» guerra nucleare. Di nuovo la guerra, o almeno una delle guerre che si combattono qua e là nel mondo, ha colto tutti di sorpresa. I giuristi internazionalisti si sono precipitati a svolgere convegni e relazioni a iosa per concludere, almeno agli occhi di uno spettatore che vive coi piedi per terra, che a quanto pare il diritto internazionale di fatto era, e continua a essere, irrilevante.

2. Una sintesi del perché il «diritto internazionale», pur con tutti i suoi strumenti e argomenti, ha avuto alla fin fine poco da dire si può cogliere nel dibattito che si è svolto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite il 12 gennaio 2023 su «The Rule of Law Among Nations»[2]. Al di là della retorica di routine, gli Stati si sono dimostrati ben d’accordo su un punto: ciascuno ha la sua visione del diritto internazionale e tenta di imporla all’altro, quantomeno per evitare che sia l’altro ad imporgli la sua. Il «tutti contro tutti» è rafforzato oggi dalla prassi diffusa delle «sanzioni» contro chiunque non si allinei ai propri «valori» e per il solo fatto che non vi si allinei, a prescindere se all’origine vi sia o no una violazione del diritto internazionale. Nel dibattito al Consiglio di sicurezza il rappresentante russo, cercando di giustificare la guerra in Ucraina, ha evocato una serie di interventi militari condotti illecitamente, a suo avviso, negli ultimi decenni dall’«Occidente», in particolare dagli Stati Uniti, e giustificati stravolgendo il concetto di legittima difesa o ricorrendo, altrettanto indebitamente, al concetto di «intervento umanitario» (Kosovo, Afghanistan, Iraq, Libia, Siria); e ha così criticato, pur dichiaratosi fermamente a favore del diritto internazionale, l’approccio del dibattito stesso in quanto in linea «with the Western concept of a rules-based world order whose rules are formulated by the West itself»[3].

3. Prima di entrare un po’ più nel merito della guerra in Ucraina, e lo faremo esaminando alcuni dei principali problemi che essa ha sollevato da un punto di vista essenzialmente internazionalistico, è forse opportuno andare al nucleo della questione, al di là (o al di sotto) delle valutazioni giuridiche, e chiedersi se è possibile evitare la guerra nei rapporti umani. Il punto merita attenta considerazione se si vuole davvero bandire la guerra mediante il diritto internazionale, tenendo conto che il diritto non può funzionare senza un congruo humus culturale, etico e pedagogico[4], ed è al centro di un celeberrimo carteggio del 1932 tra A. Einstein e S. Freud che vale la pena ricordare. In una lettera del 30 luglio 1932 Einstein aveva chiesto a Freud, per conto della Società delle Nazioni, se «esistesse un modo per liberare gli uomini dalla fatalità della guerra». Nella sua circostanziata risposta, del settembre 1932, Freud si era espresso piuttosto scetticamente, pur esprimendo peraltro il suo personale pacifismo, scusandosi alla fine «se le mie osservazioni l’hanno delusa»[5]. La prospettiva di Einstein partiva dall’esigenza di «liberare» gli uomini dalla guerra come se agli uomini la guerra capitasse accidentalmente; quella di Freud partiva dall’insormontabilità strutturale (e non meramente accidentale) per molti esseri umani di liberarsi anzitutto delle proprie pulsioni distruttive. Di notevole rilievo al riguardo è uno studio di Freud pubblicato anni prima, appena scoppiata la prima guerra mondiale, con il titolo Zeitgemäßes über Krieg und Tod, cioè Considerazioni attuali sulla guerra e la morte[6]. Scriveva Freud nel 1915 che «[p]resi nel vortice di questo tempo di guerra […] [a]nche la scienza ha perduto la sua serena imparzialità […] per contribuire alla lotta contro il nemico […]. Eravamo […] preparati ad attenderci che [solo] guerre tra popoli primitivi e popoli civili, […] persino guerre con o tra nazioni europee meno progredite […] avrebbero tenuto occupata l’umanità ancora per lungo tempo», senonché «[l]a guerra a cui non volevamo credere è scoppiata» ed «è anche perlomeno altrettanto crudele, accanita, spietata, di ogni altra anteriore»[7]. Freud concluse che non abbiamo smesso di comportarci come se la morte non dovesse riguardarci, come se ciascuno di noi fosse inconsciamente convinto della propria immortalità, un vivere dell’uomo «civile» svolto «al di sopra dei propri mezzi»[8].

4. Venendo al diritto internazionale di oggi, occorre anzitutto ribadire che la c.d. «operazione militare speciale», una «guerra» a tutti gli effetti, iniziata dalla Federazione Russa contro l’Ucraina il 24 febbraio 2022, costituisce una flagrante violazione dell’art. 2, par. 4, della Carta ONU e in particolare dell’integrità territoriale dell’Ucraina incompatibile con i fini delle Nazioni Unite. Il 3 marzo 2022, con risoluzione n. ES-11/1, a maggioranza di 141 Stati, 5 Stati contrari e 35 astensioni, l’Assemblea generale ONU ha «deplora[to] nei termini più forti l’aggressione da parte della Federazione Russa contro l’Ucraina in violazione dell’art. 2, par. 4, della Carta» (§ 2). L’Assemblea generale era stata convocata in sessione speciale d’urgenza dal Consiglio di sicurezza il 27 febbraio 2022 con risoluzione n. 2623 (2022) adottata senza diritto di veto in quanto questione «procedurale», con 11 voti a favore, 1 contrario (Russia) e 3 astensioni. Due giorni prima il Consiglio di sicurezza non era riuscito ad adottare un progetto di risoluzione che condannava l’«aggressione» russa a causa del veto della Russia. È a tutti noto che i cinque membri permanenti del Consiglio (Stati Uniti, Russia, Cina, Regno Unito e Francia) hanno un diritto di veto per le «questioni non procedurali», come ovviamente era quella in questione[9].

5. Il fatto che la guerra sia in sé internazionalmente illecita non esclude che essa non sia comunque lecita in virtù dell’operare di una o più delle «cause di giustificazione» ammesse dallo stesso diritto internazionale. Come si è giustificata la Russia? Benché non siano state formulate in modo univoco, le giustificazioni addotte dalla Russia, e condivise dalla Società degli internazionalisti russi[10], cioè dalla (presumibile) migliore dottrina internazionalista russa, si possono ridurre alle seguenti. La Russia ha anzitutto invocato la legittima difesa collettiva come risposta all’asserito attacco ucraino alle Repubbliche del Donesk e del Lugansk, riconosciute come indipendenti dalla Russia appena tre giorni prima dell’invasione, su loro richiesta e sulla base di due trattati di amicizia e di reciproca assistenza conclusi il 22 febbraio dalle due Repubbliche con la Russia[11]. Sembra altresì che la Russia abbia sostenuto di essere intervenuta militarmente per assicurare il rispetto da parte ucraina del diritto di autodeterminazione esterna ai popoli delle due Repubbliche, o per reagire ad un presunto genocidio nei loro confronti da parte delle autorità ucraine[12], nel qual caso si tratterebbe del c.d. intervento umanitario, cioè dell’intervento militare di uno Stato (la Russia) a protezione dei cittadini di un altro Stato (l’Ucraina) vittime di gravissime violazioni dei diritti umani da parte del loro stesso governo. Non è mancata, tra le giustificazioni della Russia, anche l’appello alla legittima difesa individuale preventiva ritenendosi minacciata dalla presenza della NATO in Ucraina. Connessa a quest’ultima giustificazione è quella secondo la quale, al di là del diritto, in ogni caso era intollerabile per la Russia la presenza NATO a distanza così ravvicinata dal suo territorio, riprendendo così, mutatis mutandis, la giustificazione degli Stati Uniti all’epoca del tentato dispiegamento sovietico di missili balistici a Cuba nel 1962. A questi argomenti si può aggiungere quello, già accennato, che l’Occidente e in primis gli Stati Uniti avessero compiuto interventi militari senz’altro internazionalmente illeciti e ingiustificati soprattutto dopo la fine della guerra fredda in varie aree del mondo: quindi «se loro sì, perché noi no?».

6. Sono tali giustificazioni giuridicamente fondate? No. In primo luogo, la legittima difesa collettiva, cioè la reazione armata ad un attacco armato da parte di Stati diversi da quello attaccato con il consenso di quest’ultimo, ammessa dall’art. 51 della Carta ONU, non ricorre nella specie perché le Repubbliche del Donesk e del Lugansk che l’Ucraina, secondo la Russia, avrebbe «per prima» attaccato non sono parte del territorio russo, sicché la Russia non ha subìto l’attacco che invoca, e ciò a prescindere dal fatto che l’Ucraina avesse commesso violazioni nelle due Repubbliche. In secondo luogo, l’intervento umanitario è una figura molto controversa e da una parte della dottrina ritenuta vietata dal diritto internazionale per varie ragioni e anzitutto perché, come spesso dichiarato da tanti Stati deboli, funziona perlopiù da pretesto per giustificare la guerra allorché è vietata[13]. Sta di fatto che in un’ordinanza del 16 marzo 2022 sulla richiesta di misure provvisorie nel caso tra Ucraina e Federazione Russa sulle Allegazioni di genocidio la Corte internazionale di giustizia ha espresso chiaramente dei dubbi sulla tesi che l’intervento umanitario sia ammesso contro uno Stato accusato di aver commesso atti di genocidio[14]. In terzo luogo, la liceità internazionale della legittima difesa c.d. «preventiva», attuata cioè in risposta alla sola (asserita) minaccia di attacco altrui senza che l’attacco sia in effetti avvenuto, è altrettanto controversa, poiché anch’essa si presta a funzionare da pretesto per guerre prive di qualsiasi imminente o dimostrabile minaccia di attacco. Altro è il discorso, ovviamente, sul piano politico-strategico: uno Stato può decidere di intraprendere una guerra per proteggere la sua sicurezza anche in violazione del diritto internazionale, proprio come un rapinatore può rapinare per suoi motivi in violazione del diritto vigente, ma l’illecito resta illecito. Se tutto questo è vero, è anche vero che molti interventi militari condotti o guidati dagli Stati Uniti dalla fine della guerra fredda sono stati giustificati con identiche motivazioni (legittima difesa intesa in senso molto lato, intervento umanitario, ecc.) e fossero, almeno ad avviso di molti, me compreso, altrettanto illeciti. Senonché, l’illecito di qualcuno non giustifica l’illecito di un altro. Restano illeciti entrambi. Cadono così tutte le giustificazioni russe, ma non meno delle giustificazioni statunitensi del passato.

[continua]

Editoriale-Focarelli

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